CHIESA DI SANT’ANANIA

La Chiesa di Sant’Anania sorge sulle rovine di un edificio religioso di più antica fondazione, menzionato dal sacerdote alcarese Ignazio Santoro Bellitto in un manoscritto del 1828:

«Ecco il catalogo delle chiese esistenti a tutt’oggi 1828. La matrice chiesa, parrocchia di San Pantaleone, San Nicolò Pontefice parrocchia abolita ed assiemata alla rendita del beneficio curato, San Michele aggregata al convento di San Francesco, Santissimo Rosario, San Giovanni Battista, Monastero delle Donne, San Sebastiano, San Vincenzo, Santissima Nunziata, Santa Domenica, Santissima Trinità, e le chiese rurali Maria delle Grazie, Maria Santissima della [Preghiera] ossia Rogato, Sant’Ippolito, Sant’Elia chiesa de’Capuccini, Sant’Anania e San Nicolò lo Cito ossia l’eremo, in tutto n.° 18».

Tale protostruttura ebbe quasi certamente origini bizantine poichè il titolare va identificato con un personaggio biblico venerato proprio al tempo degli eredi dell’Impero Romano d’Oriente, Anania di Damasco, colui che, per volonta di Dio, restituì la vista a San Paolo Apostolo (non è quindi nemmeno un caso se i toponimi storici della contrada in cui sorge l’attenzionato edificio di culto e di quella sita di fronte ad essa, corrispondano rispettivamente a “Sant’Anania” e “San Paolo”). Secondo le Sacre Scritture:

«Ora c’era a Damasco un discepolo di nome Anania e il Signore gli disse in visione: «Anania!». Egli rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Alzati e va’ nel vicolo chiamato Diritto e cerca, nella casa di Giuda, un uomo di Tarso di nome Saulo: eccolo infatti che sta pregando e ha visto in visione un uomo di nome Anania entrare e imporgli le mani perchè riacquisti la vista». Anania rispose: «Signore, ho udito molti parlare di quest’uomo e di quanto male ha fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. E qui ha l’autorizzazione dei sommi sacerdoti di mettere in catene quelli che invocano il tuo nome». Il Signore disse: «Va’, poichè egli è uno strumento che io mi sono scelto per portare il mio nome davanti ai pagani, ai re e ai figli d’Israele. Io poi gli mostrerò quanto dovrà patire a causa del mio nome». Anania partì, entrò nella casa e imponendogli le mani disse: «Saulo, fratello! È il Signore che mi ha mandato: quel Gesù che ti è apparso sulla strada per cui tu venivi. Mi ha mandato perchè tu recuperi la vista e sia riempito di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle scaglie e riprese a vedere. Allora si alzò, fu battezzato, prese cibo e recuperò le forze» (At 9,10-19).
La chiesetta fu completamente riedificata negli anni ‘20 del Novecento per iniziativa del Sig. Antonino Di Blatto che, con il il concorso dei cittadini Alcaresi residenti in Cleveland, si fece promotore di una raccolta di offerte <>. Con tali contributi furono anzitutto realizzati uno stendardo (si tratta di quello che precede il corteo processionale nelle festività in onore dell’Eremita del Calanna e recante il riferimento “Gennaio 1920”) ed un apposito armadio per contenerlo (oggi all’interno della Cappella del Santo Anacoreta), mentre £1542 e 50 centesimi furono specificamente devolute per l’<>. L’edificio fu completato nel 1922, così come ricordava un’epigrafe collocata al di sopra del suo ingresso ma oggi andata distrutta. Esso possiede un impianto semplicissimo, con all’interno un unico altare sormontato da una mensolina che regge una riproduzione in miniatura delle effigie del Politi ed, all’esterno, il piccolo campanile che custodisce un’unica campana recante la data «+ 1741».

Il sito è stato per lungo tempo identificato con lo stesso in cui si verificò il cosiddetto miracolo del lattante (in breve: quando gli alcaresi ritrovarono il corpo esanime di San Nicolò Politi e decisero di trasferirlo in paese, lungo il tragitto questo si fece talmente pesante da non poter più essere sollevato. Fu in quel momento che un neonato, acquisito miracolosamente il dono della parola, invitò il popolo di Alcara a condurre le sacre spoglie al Monastero di Santa Maria del Rogato luogo in cui, durante la sua ultima visita, il Santo Eremita aveva promesso alla sua guida spirituale, l’Abate Cusmano, di far ritorno ancora una volta, se non in vita, anche da morto. Così il corpo riacquistò il peso originario e fu trasferito presso la dimora dei frati greci). In realtà, come riportano le precedenti e più genuine versioni del racconto (si veda in particolare l’opera in versi di Placido Merlino, Lu Nicolau Eremita, pubblicata per la prima volta nel 1652), l’inspiegabile evento ebbe luogo nei pressi della Chiesa di Sant’Ippolito che, demolita tra il primo ed il secondo decennio del Novecento, sorgeva in prossimità dell’attuale Cimitero di Alcara e doveva la sua fama ad «una sagra immagine di Maria della Consolazione [lì venerata] sin dall’anno 1000». A dare vigore alla falsa credenza, oltre a specifici fattori di natura storico-culturale, l’uso corrente di far sostare il Fercolo del Politi, di ritorno dal Santuario dell’Eremo, all’interno della chiesetta di Sant’Anania (18 agosto). Ma, in realtà, dietro tale gesto non si nasconde alcun significato simbolico: si tratta semplicemente di una brevissima pausa concessa ai portatori della “Vara” per permettere loro di rifocillarsi dalle fatiche del tortuoso tragitto processionale.

Testo a cura di Fabrizio Passalacqua e Nicola G. Bompiedi
per il Comitato di San Nicolò Politi – A.D. 2018

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