Le Festività

di Fabrizio Passalacqua e Nicola Gaetano Bompiedi

La festa di San Nicolò Politi ad Alcara li Fusi. Breve cronaca storico-descrittiva

Alcara li Fusi. Chiesa Madre Maria Santissima Assunta. La Celebrazione Eucaristica è appena terminata quando, al suono festoso delle campane, si spalancano le porte della maestosa cancellata in ferro battuto della “Cappella di San Nicolò Politi”. Il locale Corpo Bandistico fa il suo ingresso in chiesa suonando una trionfale marcia sinfonica ed i fedeli, versando lacrime di commozione, senza distinzioni d’età, cominciano a gridare:
E chiamamulu di nomu paisanu

viva, viva Diu e Santa Nicola!

E quant’è bedda sta parola!

Dalla porticina del piccolo sacello, tra lo sparo di bombe a cannone e le urla dei devoti, fanno la loro comparsa un pregiatissimo simulacro di rara bellezza (ignoto plastificatore del XVI secolo) ed uno Scrigno reliquiario (realizzato dall’argentiere catanese Paolo Guarna nel 1581), memorie storiche e spirituali di un eremita nato al tempo dei Normanni nella nobile cittadina di Adernò, che, condotte a spalla dai membri del locale “Comitato” attraverso la navata centrale dell’edificio sacro, salutano ancora una volta una chiesa gremita di fedeli, per essere infine adagiate su di un fercolo barocco (ignote maestranze artigiane della seconda metà del XVII secolo), occasionalmente collocato ai piedi dell’Altare Maggiore.

Attraverso le pagine che andremo a sviluppare, ci proponiamo di fornire al lettore una panoramica generale dello svolgimento odierno dei festeggiamenti tributati dagli alcaresi a San Nicolò Politi, che non possono essere compresi profondamente se non si tiene conto, anzitutto, del legame metastorico che lega il Santo Eremita del Monte Calanna alla suddetta Comunità nebroidea, della quale egli rappresenta a pieno titolo una delle radici identitarie, tanto da esserne considerato, non a caso, “paisanu”. La festa, anzi, le feste in questione si svolgono in due distinti periodi dell’anno: dall’uno al tre maggio e dal quindici al diciotto agosto.

Quella di maggio è, più che altro, una ricorrenza votiva, nella quale si fa memoria del cosiddetto miracolo della pioggia avvenuto, secondo la tradizione, il 10 maggio 1503. Messa a dura prova da un periodo di forte siccità, la popolazione alcarese si recò in pellegrinaggio presso il luogo in cui riposavano le spoglie mortali dell’erede dei Politi, il Monastero di Santa Maria del Rogato, dove chiese ed ottenne la sua intercessione. Le storiche e felici conseguenze di questo avvenimento furono due:

– il trasferimento del corpo del Beato Romito in Alcara, presso la Chiesa di San Pantaleone Martire;
– la sua canonizzazione con il rilascio del Breve di Giulio II (7 giugno 1507), pontefice presso il quale si era recata un’apposita delegazione alcarese.
In base a quanto detto, non ci si deve stupire se in passato il giorno della festa primaverile di San Nicolò Politi corrispondesse al 10 maggio: la sua anticipazione al 3 dello stesso mese fu infatti stabilita successivamente, per evitarne la sovrapposizione con quella dei Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino, onorati nella vicina città di San Fratello.
L’odierna festa di maggio assume invece i caratteri di un triduo, che comincia con il pellegrinaggio all’Acqua Santa (da notare come ricorre, ancora una volta, il tema dell’acqua). In questo luogo, secondo la tradizione, San Nicolò, vinto da grande sete, invocò l’aiuto della Divina Provvidenza e, colpita la nuda roccia con il suo bastone, vide sgorgare da essa limpide e fresche acque, con le quali potè rinvigorire il suo corpo. Presso la rurale ed antica cupoletta costruita sul presunto luogo dove si verificò l’evento miracoloso, nel pomeriggio del 1° di maggio, accorrono ogni anno numerosissimi fedeli che attingono alle acque che ancora oggi scaturiscono da quel mistico antro – dove, come ebbe a dire il sacerdote adranita Salvatore Petronio Russo, «invano cerchi la vena da cui esce o dove va a perdersi» – e partecipano alla Santa Messa, al termine della quale vengono recitati alcuni componimenti poetici in vernacolo siciliano e si continuano ad eseguire marce sinfoniche.
Queste ultime caratterizzano l’intera giornata successiva fino allo svolgimento dei Solenni Vespri e della Santa Messa, cui segue l’“incensazione” della Cappella del Santo.
Si entra, a questo punto, nel vivo dei festeggiamenti e così, intorno alle 8:30 del 3 maggio, dopo la celebrazione della Santa Messa, attraverso le modalità descritte in apertura, San Nicolò Politi esce dalla sua Cappella, luogo in cui (lo si rammenti) rimane velato agli occhi dei fedeli per tutto l’anno, se non in occasione di eventi straordinari, cui riferiremo più avanti. Intanto sul fercolo, già addobbato con alcune campanelline in argento, si continuano a sistemare i doni che la gente reca al Santo (offerte, fiori e “trizzi”, ovvero artigianali composizioni di spighe di grano) oltre ai cosidetti “lazzuna”, cordoni realizzati con fili di seta di vario colore, che vengono intrecciati tra loro: questi, in passato, in numero drasticamente inferiore, avevano il solo scopo di mantenere in equilibrio il fercolo processionale, ma divennero, a lungo andare, espressione diretta della devozione popolare, costituendo, ad oggi, dei veri e propri elementi votivi. Nel contempo alcuni componenti del Comitato, accompagnati dalla banda musicale, seguendo i dettami di un’antica tradizione, si dirigono presso le abitazioni di quei cittadini – in genere pastori – che hanno espresso il desiderio di portare in voto a San Nicolò un animale (vitello, castrato, puledro) che, così, viene condotto davanti al portone d’ingresso della Chiesa Madre (ed in passato fin dentro l’edificio sacro!) per essere simbolicamente presentato al Santo Protettore. Protagonisti di un altro emozionante momento sono anche i bambini che, organizzandosi spontaneamente, portano sulle loro spalle una riproduzione in miniatura del fercolo di San Nicolò Politi, raccogliendo offerte tra la gente a partire dal giorno precedente e consegnandole, infine, al Comitato, di fronte all’effigie di San Nicolò Politi, alla quale, con lo stesso entusiasmo degli adulti, rendono omaggio facendo inchinare la piccola varetta. Intorno alle ore 10:30, alla presenza delle autorità religiose, civili e militari, ha inizio la Messa Solenne, della quale si attende, in particolar modo, il tradizionale “panegirico”, un’omelia durante la quale un designato sacerdote, in più momenti della sua riflessione, incita i presenti a rivolgere il consueto grido locale a San Nicolò. È da poco passato mezzogiorno, quando il celebrante impartisce la sua benedizione. Le urla poderose dei portatori della “vara” invadono l’edificio sacro, le mani che stringono i lazzuna s’innalzano verso l’alto, generando uno spettacolare intreccio di colori, il locale Corpo Bandistico è pronto e, al suono della marcia sinfonica “Ligonziana”, tra lacrime ed applausi, Alcara solleva il pesantissimo fercolo barocco sulle sue spalle, rendendo gloria “a Dio e a Santa Nicola”. Alla trionfale uscita, sulla piazza, gremita di gente, piove lo scenografico sparo di biglietti colorati con su scritto “Viva San Nicolò Politi” mentre, intanto, le prime file del corteo processionale si snodano verso la “Casa del Santo” (l’antichissima sede della “Procura della Cappella di San Nicolò Politi”, preesistente denominazione del Comitato, luogo in cui si organizzano le attività legate al culto del Santo), dove alcuni componenti della “Commissione” (altro nome del Comitato), al passaggio della vara, cominciano a lanciare del “frumento benedetto”, che verrà poi distribuito anche tra la folla. Da qui, sfiorando millimetricamente i balconi, il fercolo attraversa le Piazze San Pantaleone e Monastero (Badìa), i quartieri San Giovanni e Rosario, nell’ultimo dei quali si effettua una breve sosta innanzi all’omonima chiesa. Al suon di “ballabili”, vengono recitate delle poesie composte per l’occasione da alcuni poeti locali, alle quali, di recente, si aggiunge anche quella del bambino/della bambina adranita che, il 3 agosto, nella città etnea, sarà protagonista della tradizionale “Volata dell’Angelo”. Una volta terminato questo momento, la processione riprende, dirigendosi verso il Monumento di San Nicolò Politi, realizzato nel 1988 e di fronte al quale, da allora, viene effettuato un forzato inchino del fercolo che, in tale sede, vogliamo intendere come un omaggio che San Nicolò rende non alla statua bronzea che lo raffigura, bensì alla Croce ed alla Parola di Dio che reca con sè in mano. Un’altra breve sosta si svolge all’interno della Chiesa di San Michele Arcangelo (antica cappella dei Frati Minori Conventuali, annessa al Convento di San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova), luogo in cui è previsto, soltanto per i portatori ed i forestieri che non potranno essere presenti la sera alla funzione che conclude i festeggiamenti (ma anticamente anche per le Confraternite), il bacio del “Braccio Reliquiario”, dopo il quale, il corteo riparte alla volta della piazza principale da dove, in seguito ai tradizionali “spassetti” (cioè l’andare avanti e indietro, per più volte, della vara lungo uno spazio compreso tra l’ingresso dell’edificio sacro ed il limite della piazza entro la quale si sta svolgendo la manifestazione), il Santo rientra in Chiesa Madre, all’interno della quale, una volta ricollocato il fercolo sugli appositi “cavallitti”, avverrà la traslazione dello Scrigno reliquiario sull’Altare Maggiore. In tarda serata sarà la volta del “Pirdunu”, termine con il quale si indica l’evento che sancisce la conclusione dei festeggiamenti alcaresi in onore di San Nicolò Politi. Si tratta di un rito articolato in più momenti: il sacerdote estrae dallo Scrigno argenteo il Braccio Reliquiario; i fedeli si predispongono per venerare la reliquia e, dopo averla baciata, passano innanzi alla cancellata della Cappella del Santo, dove ricevono da alcuni membri del Comitato dei fiori (si tratta di quelli provenienti dagli innumerevoli mazzi che hanno ornato il fercolo processionale durante la festa) a voler simboleggiare la riconciliazione con Dio per intercessione di San Nicolò Politi. Il tutto viene musicalmente accompagnato dall’alternanza di canti religiosi e di marce sinfoniche, eseguiti rispettivamente dalla Corale Parrocchiale e dal Corpo Bandistico alcarese; il sacerdote tiene una breve omelia, dopo la quale impartisce la benedizione finale con il Braccio Reliquiario. Mentre il frammento sacro viene nuovamente riposto all’interno dello Scrigno d’argento, soltanto i festosi ed immediati rintocchi delle campane riescono a contrapporsi al silenzio “emotivo” che si è diffuso, frattanto, tra i presenti, ai cui occhi il tempo sembra quasi essersi fermato: è il momento della “Conservazione”. Il simulacro e lo Scrigno reliquiario di San Nicolò Politi vengono condotti, singolarmente, lungo le due navate laterali della chiesa mentre i fedeli, al loro passaggio, protendono le mani per riuscire a toccarli: la “perla di Alcara” fa il suo definitivo ingresso nella sua Cappella, accompagnata dal suono di marce sinfoniche e dallo sparo delle ultime bombe. Un ultimo grido riecheggia in chiesa: è quello dei ragazzi della banda musicale che, terminata la loro “devota” prestazione, così vogliono salutare il loro Santo, prima di andare ad eseguire in piazza le ultime marce, mentre, ancora, un nutrito numero di fedeli fa la fila per visitare, un ultima volta, l’antico sacello.
La grande festa di Agosto, con la quale si fa memoria della “Nascita al Cielo” di San Nicolò (avvenuta, secondo la memoria agiografica, il 17 agosto 1167), principia il giorno 15 presso il Monastero di Santa Maria del Rogato, luogo dove il Santo si recava ogni sabato per confessarsi e ricevere il Santissimo Sacramento, sede un tempo servita dai monaci greci e dall’illustre Teologo Cusmano (confessore del Santo e autore del primo componimento religioso che lo riguarda), struttura al cui interno furono custodite per 336 anni le sue spoglie mortali (come ben ricorda, anzitutto, il secentesco simulacro di San Nicolò Politi esanime, ad oggi unica opera che non lo ritrae secondo la consueta iconografia), secondo la tradizione dal ritrovamento del beato corpo presso l’Eremo del Calanna (1167) al “miracolo della pioggia” (1503). Alle prime luci di ferragosto, dunque, la campana del Rogato richiama i fedeli per prendere parte alla Santa Messa in onore della Beata Vergine Assunta (il cui affresco bizantino, noto come Koimesis o Dormitio Virginis, risplende nuovamente nell’antico tempietto cristiano dopo i restauri del periodo 2014-2015) e per rinnovare la memoria dell’ultima visita fatta al cenobio dal nostro Anacoreta nell’ormai lontano 15 agosto 1167. Alla fine della celebrazione, i devoti, recandosi nella piccola chiesetta per rivolgere il saluto alla Madre di Dio e a San Nicolò Politi, passano anche nei pressi di un occasionale “arco d’alloro” – benedetto al termine della funzione religiosa -, per staccarne qualche foglia: attraverso il “laurus nobilis”, emblema per eccellenza di “gloria”, si rende, così, omaggio alla Vergine Santissima nel giorno in cui, con la sua Assunzione, fu rivestita di splendore universale. L’“Entrata” vera e propria della festa avviene nel tardo pomeriggio. Quattro elementi della Confraternita del Santissimo Sacramento escono dalla Chiesa Madre con il loro stendardo e, accompagnati dal ritmo del loro “tabbàle”, attraversano l’intero Corso Donadei, antica via principale di Alcara, raggiungendone l’estremità, corrispondente ad uno degli originari punti d’ingresso del paese. Ad eccezione del conduttore dello stendardo, il tamburista ritorna all’edificio sacro dal quale era partito: al suo arrivo l’intera congregazione religiosa esce in processione seguita dal sacerdote che, a sua volta, precede i componenti del Comitato, i quali portano a spalla il baldacchino con il Busto Reliquiario di San Nicolò Politi (ignoto argentiere messinese, 1651), al cui interno viene collocato un frammento della “scapola” del Santo. Questi attraversa il Corso Donadei e, raggiuntone il limite, tra spari di bombe e marce musicali, cambia nuovamente direzione verso la Piazza, da dove percorrerà le vie del paese secondo l’antico itinerario processionale, inverso rispetto a quello attuale. L’inizio ufficiale dei festeggiamenti estivi in onore di San Nicolò Politi proprio dalla storica “porta orientale” del paese non è casuale: esso farebbe infatti allusione al momento in cui, nei primi anni del Cinquecento, il corpo del Santo fu traslato dal Monastero di Santa Maria del Rogato ad Alcara, facendo il suo “ingresso” nell’abitato urbano, teoricamente, dalla zona segnalata. Un’altra caratteristica della stessa processione è poi rappresentata dalle cosiddette “Cucciddati”: dinanzi alla “Casa del Santo”, di fronte alla quale viene allestito un altro “arco trionfale” (intrecciato con rami di mirto – pianta di buon augurio – e d’alloro e addobbato con due argentei “quadretti votivi”), vengono distribuite/lanciate, come reminiscenza di antiche usanze tipiche del tempo in cui vigeva un tipo di economia naturale, i “Cudduri”, piccole ciambelle di pane che riportano l’iscrizione “W S. Nicolò Politi”. Al rientro della processione viene celebrata una Santa Messa in onore dell’Assunta.
Il 16 agosto segue la stessa impostazione del 2 maggio, ma con una importante differenza: dopo i Solenni Vespri, la Santa Messa e l’incensazione della Cappella, il sacerdote espone alla venerazione dei fedeli la “Sacra Mandibola” che, per sua mano, verrà subito dopo condotta in processione per le vie del paese.
La solenne giornata del 17 agosto si articola secondo le stesse modalità del 3 maggio, ma con due fondamentali varianti:
– non viene effettuata la sosta presso la Chiesa di San Michele Arcangelo;
– una volta rientrati in Chiesa Madre avviene il cosiddetto “cambio della Vara”. Il Santo e tutti gli addobbi (tra cui, stavolta, anche l’uva, una sorta di ringraziamento per le messi raccolte durante la stagione estiva secondo una forma rituale ereditata dalla cultura pagana, ivi cristianizzata quale simbolo di “carità”) vengono trasferiti sopra un fercolo di più modeste proporzioni concepito – probabilmente verso la fine del XVII secolo – per trasportare il Santo al suo Eremo, all’alba del giorno successivo.
Si riparte così con la processione, che raggiunge in poco tempo Piazza Cappuccini dove, tra uno “spassettu” e l’altro, il fercolo entra nella Chiesa di Sant’Elia Profeta dell’ex Convento dei Padri Cappuccini (luogo in cui fu custodito l’intero corpus di pergamene di San Nicolò a partire, verosimilmente, dalla fine del XVI secolo) presso la quale rimarrà per l’intera notte.
È l’alba del 18 agosto e la gente comincia ad uscire frettolosamente da casa per recarsi ai Cappuccini, da dove sta per partire la processione verso il Monte Calanna, luogo in cui il Santo condusse la sua esistenza da eremita e dove fu poi edificato – in seguito al ritrovamento del Beato Corpo da parte del bovaro Leone Rancuglia – il Santuario dell’Eremo, anticamente appellato “Chiesa di San Nicolao de lo Cito” (più correttamente lo “Zito”, cioè il “Fidanzato”, in riferimento al racconto del rifiuto delle nozze). A metà del percorso si affronta la cosiddetta “Timpa ‘o Canali”, ripidissima salita sul finire della quale alcune sezioni del Corpo Bandistico, incitate dai portatori, si lanciano nell’esecuzione della “Bersagliera”, che accompagnerà il fercolo processionale fino alla soglia del suddetto luogo (siamo a circa 2,5 km dall’abitato alcarese). Tra gli applausi e le grida dei fedeli, il Santo raggiunge lo spiazzale antistante la chiesetta, dove si trova allestito l’altare per la celebrazione della Santa Messa, a conclusione della quale, ancora una volta, i poeti locali recitano in versi alcuni momenti della vita del Santo o, semplicemente, delle preghiere ad esso dedicate. Nel frattempo si dà anche la possibilità ai fedeli di visitare la Grotta, o meglio il “rifugio” in cui visse San Nicolò, dove si trova custodito un altro secentesco simulacro ligneo (ignoto scultore della prima metà del XVII secolo) che lo ritrae nel consueto atteggiamento orante. La Processione riparte e, dopo una serie di “spassetti”, il Santo “saluta” la grotta con un inchino che viene fatto fare al fercolo processionale e, tra applausi e grida d’acclamazione, comincia la faticosa discesa verso Alcara. Giunti in contrada Sant’Anania, si effettua una brevissima sosta all’interno dell’omonima chiesetta, giusto il tempo di dare ai portatori la possibilita di rinvigorirsi e ricompattare il “cambio” tra i diversi gruppi di devoti, che si alternano costantemente lungo il tragitto. Intanto, coloro che per vari motivi non si sono potuti recare all’Eremo aspettano l’arrivo del Santo in Piazza Cappuccini, dove verrà trionfalmente accolto anche attraverso il tradizionale “sparo del quadro”, ossia di una sua immagine che si apre nell’azzurro del cielo scendendo lentamente con un piccolo paracadute e che, una volta recuperata, precederà il fercolo nel momento dell’ingresso nella Chiesa di Sant’Elia. Alle ore 18:00 parte l’ultima processione, che riconduce San Nicola in Chiesa Madre, dove rientrerà in seguito ad una definitiva e lunga serie di “spassetti”. I lazzuna vengono slegati dalle colonne del fercolo e restituiti ai proprietari, lo Scrigno reliquiario viene traslato ed esposto sull’Altare Maggiore mentre si celebra, infine, una Santa Messa all’interno della Cappella del Santo Protettore. In serata avrà inizio un evento dai lineamenti unici: la recita delle “Canzuna di Santa Nicola”, ossia il racconto in versi della vita di San Nicolò Politi, in otto canti. Si tratta di una tradizione che affonda le sue radici nel Medioevo ma che deve molto, nella sua strutturazione attuale, alla figura di Placido Merlino, pastore alcarese che nel 1652 scrisse il poema sacro “Lu Nicolau Eremita”, prima agiografia popolare in versi dedicata al nostro Anacoreta. Il poeta di turno, seguito dalla popolazione, declama i suoi versi dal carrello di una jeep, lungo otto specifiche tappe urbane, circondato da quattro membri del Comitato che recano in mano i summenzionati “quadretti votivi” (bassorilievi in argento raffiguranti il Santo in gloria, realizzati per voto dai componenti delle commissioni storiche tra XVIII e XIX secolo) e seguito da alcuni elementi del Corpo Bandistico municipale che, tra un’ottava e l’altra, eseguono dei “ballabili”. Un riferimento a sè stante, merita un canto anomalo, che si aggiunge agli altri otto annoverati: esso viene declamato presso la “Casa di San Nicola”, innanzi alla quale il poeta si abbandona alla satira allegra ma anche pungente, mettendo in risalto i pregi e i difetti di ogni singolo componente della “Commissione”, andando così a divertire sia i diretti interessati che l’attento pubblico. L’ultimo canto verrà recitato in Chiesa Madre dove, intanto, i fedeli attendono l’inizio del “Perdono”, cui seguirà la conservazione del Santo.
Nel corso dell’anno sono da segnalare altri appuntamenti minori legati al culto di San Nicolò Politi. Anzitutto le Luminarie (4 febbraio, 4 marzo, Domenica di Pasqua e 27 dicembre), brevi processioni serali che precedono di un giorno l’apertura della Cappella (5 febbraio, 5 marzo, Lunedì dell’Angelo e 28 dicembre). Esse risultano legate, in particolar modo, ad alcuni passati eventi calamitosi sui quali, lo precisiamo, è ancora necessario condurre delle ricerche più accurate:
– la prima luminaria ricorderebbe una scampata epidemia di peste che colpì la Sicilia nell’anno 1575, durante la quale pare che anche i catanesi si appellarono alla figura di San Nicolò Politi, oltre che a quella della loro Patrona Sant’Agata;
– la seconda sembrerebbe riferirsi ad un terremoto verificatosi il 4 marzo 1823;
– la terza nasce dalla volontà degli alcaresi di inserire il culto del loro Santo Patrono all’interno dei momenti liturgici forti (è il caso presente ma anche, come vedremo, quello del Corpus Domini, dell’apertura dell’Anno Pastorale e del Te Deum di ringraziamento). La particolarità di questo appuntamento sta nel fatto che, dal giorno dell’apertura della Cappella (dunque il Lunedì dell’Angelo), iniziano i cosiddetti “Moti di Santa Nicola”: da questo momento, ogni giorno, alle ore 16:00, fino al 2 maggio, le campane suoneranno a festa, ad annunciare agli alcaresi l’imminente arrivo dei festeggiamenti primaverili in onore di San Nicolò Politi;
– l’ultima luminaria è legata al disastroso terremoto che colpì Messina e Reggio Calabria all’alba del 28 dicembre 1908.
Anticamente la gente aspettava il passaggio delle luminarie direttamente a casa, mettendo una candela, o comunque un oggetto luminoso (da qui il termine), sull’uscio di casa o sulla finestra al passaggio del Busto Reliquiario del Santo, tanto che, forse come eco di questa dimenticata usanza, ancora oggi tali processioni non sono molto partecipate.
Oltre alle luminare, gli altri appuntamenti legati al culto di San Nicolò Politi sono:
– quello del Corpus Domini, giorno in cui il simulacro del Santo viene condotto in processione insieme al Santissimo, ad indicare simbolicamente ai fedeli che Cristo è la “via” da seguire;
– l’apertura dell’Anno Pastorale, momento in cui la statua del Santo viene esposta accanto all’Altare Maggiore durante la Celebrazione Eucaristica;
– il Te Deum di ringraziamento di fine anno (ad Alcara celebrato il 30 dicembre), che segue le stesse modalità dell’apertura dell’Anno Pastorale;
– altri eventi straordinari in occasione di particolari riccorrenze. Limitandoci ad esempi relativi all’anno corrente, in cui abbiamo fatto memoria del IX Centenario della Nascita di San Nicolò Politi (e dell’850° della Morte), segnaliamo: la processione della statua dell’Eremo lungo l’antica trazzera che, dal Santuario, conduce all’Acqua Santa (1 maggio 2017); la processione del simulacro alcarese e dello Scrigno reliquiario dal paese al Monastero di Santa Maria del Rogato (15 agosto 2017); la solenne celebrazione conclusiva dell’anno straordinario (23 ottobre 2017), presieduta dall’Arcivescovo di Catania, Mons. Salvatore Gristina, e dal Vescovo di Patti, Mons. Guglielmo Giombanco, e seguita dalla processione, in notturno, del fercolo barocco.
La festa di San Nicolò Politi di Alcara li Fusi è stata oggi inserita nel nuovo Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia (R.E.I.S.), così come reso noto dal Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana (Prot. n. 28856 del 25/04/2014).
Fabrizio Passalacqua e Nicola Gaetano Bompiedi
Componenti del Comitato di San Nicolò Politi di Alcara li Fusi

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