Monastero di Santa Maria del Rogato

Il Monastero di Santa Maria del Rogato (XII sec.) sorge di fronte all’abitato di Alcara, sul versante opposto del fiume Rosmarino. Durante il suo trentennio di penitenza in territorio alcarese, San Nicolò Politi si recava settimanalmente al Rogato per confessarsi e ricevere il Santissimo Sacramento. La tradizione vuole che, subito dopo il ritrovamento del suo corpo, il corteo processionale che lo trasportava fosse diretto in Alcara, quando improvvisamente si fece talmente pesante da non poter essere più sollevato. Fu allora che, nei pressi della chiesa di S. Ippolito, un lattante ricevette il dono della parola invitando la folla a portare il Santo Corpo al Rogato: si compiva così la promessa che Nicolò Politi aveva fatto al suo confessore Don Cusmano e agli altri monaci greci in occasione del suo congedo finale, ossia che sarebbe tornato ancora una volta al cenobio, vivo o morto. Le spoglie del Santo, secondo la tradizione, furono custodite in questo luogo per 336 anni, fino al 1503, anno in cui si verificò un periodo di forte siccità. Ancora una volta il popolo di Alcara si rivolse al suo Protettore recandosì in pellegrinaggio nel luogo che ne custodiva le spoglie mortali e così si verificò quello che viene oggi ricordato come il Miracolo della Pioggia, in seguito al quale le reliquie del Santo furono trasfrite in Alcara e, nel contempo, fu costituita una delegazione diretta a Roma per chiedere la canonizzazione ufficiale del Santo Anacoreta: correva l’anno 1507 quando, il 7 giugno, Giulio II rilasciò il suo storico Breve Pontificio.

Dell’antico complesso monastico rimane la vetusta chiesetta, pavimentata con maioliche smaltate seicentesche di ambito nasitano. Sull’altare sette-ottocentesco è ospitata una custodia in legno, all’interno della quale si trovano incastonati i frammenti di un’antica cassa lignea che, secondo la tradizione, custodì per un periodo imprecisato le spoglie mortali di San Nicolò. Questa è a sua volta sormontata da una statuetta ottocentesca raffigurante lo stesso soggetto iconografico. All’interno della lunetta ricavata nell’altare si trova invece custodito un pregevole simulacro seicentesco in legno e telacolla raffigurante San Nicolò Politi esanime, ad oggi unica opera che non lo ritrae secondo la consueta iconografia.

Sulle interne pareti laterali della chiesetta sopravvive poi un pregevolissimo ciclo di affreschi, realizzati tra XII e XIV secolo, e restaurati tra il 2014 ed il 2015. Spicca tra le varie rappresentazioni la Κοιμησισ o Dormitio Virginis, un’Ascensione della Vergine secondo i canoni orientali, ascrivibile tra gli inizi del 1196 e non oltre il 1291, e che riprende uno stile pittorico tipicamente bizantino. Sulla stessa parete di destra si evidenzia poi una singolare immagine di San Giovanni Battista con altre figure frammentate di Santi mentre, sulla parete di sinistra, si trovano invece le rappresentazioni della Vergine che allatta il Bambino oltre ad ulteriori frammenti poco leggibili.

La chiesetta possedeva anticamente anche un’abside, la quale dovette crollare in seguito ad alcuni eventi calamitosi. Il cinquecentesco portico, destinato all’accoglienza dei pellegrini, evidenzia tracce di un affresco ormai difficilmente leggibile e, sulla stessa parete, una porticina a sesto acuto che consente di accedere all’interno della piccola chiesa. La grande campana fu invece realizzata nell’anno 1500 dal Mastro Giovanni Salicona da Tortorici.

Il sito religioso viene raggiunto il 15 agosto di ogni anno. In tale occasione sull’altare del portico, occasionalmente addobbato di alloro, si colloca una tela ottocentesca raffigurante l’Ascesa della Beata Vergine, mentre all’esterno si celebra una messa che fa memoria della sua Assunzione e, nell’aprire i festeggiamenti estivi in onore di San Nicolò Politi, ricorda anche l’ultima visita che l’Anacoreta fece al Monastero del Rogato nell’ormai lontano 15 agosto 1167.

Testi di Nicola Bompiedi e Fabrizio Passalacqua

Foto di Giuseppe Cardillo

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